Luca Siotto 42 anni è originario di Napoli ma sono vent’anni che vive a Salerno. La sua passione per la cucina nasce fin da piccolo grazie alla nonna e alla madre. Preferiva rimanere in casa a cucinare piuttosto che andare fuori a giocare con gli amici. Il suo curriculum è davvero interessante, le esperienze in Italia e all’estero tante. Eliminato alla quarta puntata di Hell’s Kitchen, quando tutta Salerno sin dall’inizio faceva il tifo per lui, ha sempre definito il fortunato programma di SKY1 giunto alla quinta stagione, un “trampolino per il futuro”, un campo sul quale imparare sia in cucina che nella vita. L’insindacabile giudizio di Carlo Cracco ha decretato l’uscita di Luca. Motivazione? Luca ha sbagliato la cottura dell’anatra stracuocendola, un volatile che invece va servito con l’interno leggermente al sangue. Lo chef salernitano ha aggiunto: “Un po’ l’emozione, un po’ perché non sono abituato ad avere a che fare con questa tipologia di ingredienti come il cacao in infusione e di carni, a Salerno l’anatra me la tirerebbero dietro!” Resta il fatto che Luca “Tsunami” così soprannominato da un amico caro che oggi non c’è più proprio per il suo essere intenso come le onde cariche del mare, potente, simpatico e incazzoso allo stesso tempo, solare e sorridente, è rientrato nella sua Campania pronto a rimettersi in gioco con i suoi piatti, un paradiso all’inferno.
- Descrivi Luca Siotto in tre aggettivi. “Luca è un ex impiegato che ha lasciato un lavoro sicuro per coltivare le sue passioni che aveva sin da bambino. Luca è simpatico, impetuoso e irascibile“.
- Che tipo di cucina prediligi? “Mi ispiro ad Antonino Cannavacciuolo, mi piace la cucina tradizionale un po’ rivisitata in chiave moderna, anche quella molecolare. Credo che il nostro territorio abbia tanto da offrire sia in materie prime eccellenti sia in potenziale umano“.

- Hell’s Kitchen Inferno o Paradiso secondo te? “E’ un Inferno non c’è finzione è tutto vero, ci sono dei ritmi pesantissimi da sostenere. Si dorme poco e si lavora tanto nella Casa. Tensioni e stress. Poi però potrebbe anche trasformarsi in un Paradiso”.
- Cosa ne pensi di Carlo Cracco? ” E’ una persona tutta di un pezzo, sulle sue, sa far bene il suo lavoro, lo sa e gioca molto su questo. Lavorare al suo fianco è stato prezioso soprattutto tecnicamente parlando, sono cambiate tante cose. Gli son piaciuti i miei paccheri ai tre pomodori e cialda croccante al grana, realizzati secondo una ricetta rivisitata di mia nonna. Non è stronzo è un grande uomo”.
- Il tuo rapporto con i colleghi di squadra come è stato? “Bellissimo. Ci sono stati degli screzi con lo chef Fabrizio Latina perché è un bamboccione fondamentalmente ma con gli chef Manuel Porfidio e Nicola Pepe legami molto forti. Con Nicola, tra l’altro colleghi di lavoro per un’estate intera a Salerno, abbiamo anche ideato un format Il Diavolo e L’Acqua Santa, di cui non svelo ancora i dettagli ma che presto lanceremo al ristorante”.
- Un piatto può a tuo avviso essere paragonato ad un’opera d’arte? “Tutti i piatti sono opere d’arte, c’è sicuramente affinità tra i due mondi. Bisogna saper soddisfare in primis il palato ma anche l’occhio vuole la sua parte”.
- Se dovessi prepararmi un primo piatto cosa faresti? “Pasta al pomodoro”.
- Nella tua cucina volano i piatti? “Non volano semplicemente perché costano tanto e non potrei permettermi di comprarli in continuazione. Sono pacato in generale ma quando qualcosa non va, basta uno sguardo per tenere sotto controllo la situazione in cucina con la mia brigata”.

- Se ti dico sugo al pomodoro, pensi al ragù o ad un passato reso setoso dal minipimer? “Mille volte, cento volte ragù, vuoi mettere il profumo del ragù di nonna o di mamma che inizia a pippiare dal sabato e che poi trionfa la domenica a tavola. Ho già l’acquolina in bocca pensando al cuzzetiello di pane cafone che fa da scarpetta e si riempie di ragù, altro che caffè e cornetto!”
- Questa sfida purtroppo è stata persa, continueresti a questo punto a fare TV o ti fermeresti alla concretezza dei tuoi fornelli? “Guarda credo nella concretezza dei fornelli, io sono fatto per essere sul campo a condurre le mie battaglie come in trincea, basta allontanarmi dalla base un po’ di giorni che subito mi mancano determinate azioni quotidiane”.
- Progetti futuri? “Crescere il più possibile, migliorarmi, continuare a cambiare menù ogni due mesi. Non penso di aprire un ristorante tutto mio a causa dei tempi e della società in cui viviamo, in cui tutto è sbagliato e non mi piacerebbe investire in Italia, soprattutto se un domani dovessi dare un futuro a mio figlio”.
Continua così Luca e ricorda:
Un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso. (Nelson Mandela)
Annamaria Parlato