Mario Carmine Solimeo, lo chef che cucina con l’anima e si ispira al Romanticismo

Contaminazioni irpine e calabre nei suoi piatti, il territorio è il suo grande magister

…Non ho mai amato le cose grandiose, le luci accecanti, i bagni di folla. La vita per me deve essere semplice, darti calore. Io sto bene in un posto se posso chiudere gli occhi, stare in silenzio e sentirmi a mio agio… semplicemente sereno!

Il passato è un uovo rotto, il futuro è un uovo da cuocere

(Mario Carmine Solimeo)

Quella dello chef è una figura essenziale ma, allo stesso tempo, complessa: identifica chi fa di una professione anche una passione, uno stile di vita, ma non solo. Tutti possono studiare per diventare chef ma poi c’è una selezione naturale che ne determina il successo. A tal proposito in questo spazio virtuale una nuova storia a breve sarà raccontata. Una storia fatta di sacrifici, conoscenza, umiltà , concentrazione e passione. Struncatura, nduja, peperone crusco, caciocavallo podolico e cipolla ramata di Montoro. Non sono ingredienti buttati a casaccio di una ricetta qualsiasi ma sono i tratti distintivi dello chef Mario Carmine Solimeo, irpino di adozione ma calabro di nascita. Diplomato in elettrotecnica e laureato in Scienze gastronomiche, inizia le prime esperienze tra i fornelli da autodidatta. La cucina è la sua immensa passione e il suo stile è l’insieme delle conoscenze acquisite dalla tradizione mescolate all’innovazione. Attraverso tecniche di cottura all’avanguardia, lo chef Solimeo ama rivisitare le ricette antiche, sia che esse ricordino la Calabria sia l’Irpinia. La città di Avellino con il suo entroterra è stata da subito congeniale allo chef che partito da Crotone, si è qui stabilito dopo aver a lungo viaggiato attraverso l’Europa e l’Italia per acquisire una maggiore consapevolezza in materia gastronomica e intraprendere scambi culturali. Potea Hosteria Hirpina (nel centro storico di Avellino) è stato il luogo in cui ha fatto conoscere la sua anima sensibile, soprattutto quando avvicinandosi al commensale ha trasmesso quei valori autentici che solamente il cibo genuino può trasmettere L’Irpinia è entrata nel cuore di Carmine Mario, diventando un porto d’approdo e non una stazione di passaggio. amore, passione, storia e tradizione sono i doni che l’Irpinia ha fatto allo chef, un tripudio di emozioni che egli vuole restituire facendo della gastronomia della terra dei lupi la propria missione. Per conoscere meglio lo chef Solimeo ecco qui elencate undici domande che serviranno a ricostruirne l’identikit e a comprendere la sua filosofia di cucina.

  • Quando e come è nata la passione per la cucina?

La passione l’ho sempre avuta da bambino guardando mia nonna e mia madre. I loro gesti mi hanno profondamente affascinato e ho capito da subito la strada intraprendere. Avevo perfino una sediolina di legno che utilizzavo per osservare ogni minima azione mentre loro cucinavano.

  • Cosa significa per lei contaminazione?

La contaminazione è la sintesi dei miei venticinque anni in cucina. Per me significa prendere i prodotti d’eccellenza di un territorio e contaminarli con altri di pari pregio o storia per dare vita a un piatto d’eccellenza sotto tutti i punti di vista.

  • La sua in sintesi è più una cucina di tradizione o innovazione?

Parto in ogni caso dalla tradizione, dalla mediterraneità e poi la filtro attraverso l’innovazione, utilizzando tecniche contemporanee di cucina e la tecnologia. In realtà queste tecniche esistevano già ma gli chef poi le hanno perfezionate nel corso dei secoli.

  • Quanto conta il territorio in cui opera?

Sono legato e per il territorio. Da sei anni infatti amo l’Irpinia perché è una terra che mi emoziona, incontaminata. Ci sono ancora dei valori che vanno valorizzati di più a mio avviso, altrimenti scomparirebbero del tutto.

  • A quale piatto è più affezionato?

Non ne ho uno in particolare, sono innamorato di tutte le mie creazioni però quell oche mi fa stare bene è fatto con materia prima poverissima che viene esaltata aggiungendo pochi ingredienti ma di qualità.

  • La cucina del futuro quale sarà?

Sarà una cucina che predilige il prodotto a metro zero, il vegetale, le lunghe cotture, la purezza della materia prima, togliendo ingredienti alla ricetta piuttosto che aggiungerli.

  • Quanto è importante il successo per uno chef?

Il successo credo sia importante però si conquista sempre a piccoli passi.

  • Ha qualche idea o progetto in cantiere?

Sono sempre un vulcano di idee, sono sempre alla ricerca di novità. Uno dei progetti a me più cari è “IrpiniAmo”, la mia cucina che diventa itinerante e che sfida tempi e luoghi per fondere diverse culture e tradizioni. Altri progetti sicuramente nasceranno quando un po’ di normalità tornerà tra le persone.

  • E’ importante secondo lei fare rete con le associazioni, i colleghi e le istituzioni per riportare in auge l’enogastronomia?

L’enogastronomia è un volano per il territorio, il turismo e la cultura. Fare rete è importantissimo e sono sempre in prima linea quando c’è da collaborare con colleghi o istituzioni. Proprio a causa del particolare momento storico che stiamo vivendo, bisogna crederci e porsi degli obiettivi senza demordere perché la nazione richiede anche l’aiuto di noi chef per risollevarsi.

  • In cucina conta di più la razionalità, l’istinto, la creatività o la precisione?

Credo che tutto sia fondamentale in cucina. Un piatto è il frutto del raziocinio ma nache della creatività che non deve mai mancare a d uno chef. Le mie sono ricette del cuore e impiego cura, fantasia e precisione nel realizzarle.

  • Se dovesse prendere ispirazione per un nuovo menù dall’arte, a quale periodo, artista o opera si rifarebbe?

A scuola ho studiato con molto interesse il Romanticismo, nelle arti, nella letteratura, in poesia. Oggi ne è rimasto ben poco e bisognerebbe rispolverare i grandi classici per ritrovarne gli insegnamenti.

Personalità poliedrica, lo chef Solimeo trova quotidianamente linfa vitale nella cucina, che per lui è fonte d’ispirazione, un libro aperto dal quale attingere saperi e sapori o meglio racconti dalle mille sfumature.

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