Scusatemi ma in questa sede posso dichiararlo: un piatto deve essere bello e deve possedere quella capacità di catturare i nostri sensi. Non me ne vogliano i colleghi di settore enogastronomico più tradizionalisti, perché alla bontà va abbinata in un legame indissolubile anche la bellezza, la creatività e quella voglia d′innovare la tradizione. Il cibo è un bene culturale a tutti gli effetti e come tale è portatore di principi estetici che lo rendono trasformabile in opera d′arte. Questo gli chef lo hanno capito bene e per questo il cibo ultimamente è sempre al centro di tantissimi progetti di cucina, dove le menti più creative ne approfittano per dar vita a delle vere e proprie installazioni di arte contemporanea impiegando il Food Design. Questa nuova tendenza in cucina la si vede spopolare nei chioschi tendenzialmente di street food come nei ristoranti stellati o in esclusive degustazioni, magari allestite nei siti archeologici e nelle gallerie di arte moderna o contemporanea. Non ci si accontenta di soddisfare solamente il gusto, l′approccio con il cibo è oramai di tipo estetico, si mangia anche con gli occhi. Si vive in questi momenti una vera performance in cui lo chef è l′artefice di un momento creativo plurisensoriale che ci porta verso mondi sconfinati, in cui si riflette mentre si assapora e si percepisce il messaggio che l′artista−cuoco ha voluto trasmettere in quel particolare momento.
Il giovanissimo chef Stefano Carbone, ha assimilato alla perfezione questa nuova tendenza culinaria ed è talmente bravo che potrebbe passare tranquillamente dai fornelli alle tele e mettersi a dipingere. Spero possiate capirmi ma non potevo non parlare di questo ragazzo talentuoso, un genio della cucina da tener d’occhio. Guardare la gallery dei suoi piatti online e zoommare su ogni particolare è stata per me una scoperta ed un’emozione grandissima, amore a prima vista. Eclettico ed intuitivo, Stefano riesce sia attraverso le tecniche che gli ingredienti a dar vita a delle opere d′arte commestibili, spesso collegate ai territori e alle tradizioni in cui lavora e vive, in primis la Puglia, la sua regione d′appartenenza. Facendo una chiacchierata con lui mi ha raccontato molte cose ed è trapelato dal suo sguardo che è fiero dei traguardi che sta raggiungendo, delle collaborazioni avviate e mi ha confessato ancora del suo sogno futuro di aprire un ristorante tutto suo. Così alla domanda mi parli un po’ di te, lui risponde: “Potrei iniziare dicendo che il mio viaggio nella ristorazione é iniziato quando avevo 13 anni, quando in quel di Cerignola ho mosso i primi passi nelle cucine facendo i lavori più umili ma avendo già nella testa il mio modello di cucina, quella che mi ha portato alcuni anni dopo ancora minorenne a lavorare con chef di alto calibro in giro per Europa, come Belgio o Spagna e in svariati posti in Italia, dove ho avuto la possibilità di esprimermi come chef finalmente con la mia idea di cucina ovvero: la tradizione va sempre rispettata perché é la base della cucina , ma bisogna dargli sempre il giusto tocco di novità.” La sua é una cucina in cui anche da elementi semplici si possono creare piatti d’effetto, una cucina ricercata dove si usano ingredienti provenienti da tutto il mondo e dove c’è una ricerca maniacale degli accostamenti. Insomma una cucina moderna ma che allo stesso tempo lascia un ricordo in ogni piatto. Continuo a chiedergli attualmente dove lavora: “Adesso dopo molte cucine stellate ma sempre moderne mi sono fermato a San Marino, in questa piccola Repubblica dove vivo e lavoro come chef ma anche come food designer, realizzando per aziende di fama internazionale piatti da inserire sui loro siti web, anche se tutto questo non mi ha fatto dimenticare il mio paese, le mie origini dove ho iniziato e che mi hanno portato sin qui dove sono”. Parlando poi del rapporto che c’è tra Arte e Cibo mi confida: “Sono un enorme sostenitore della Food Art, la mia cucina fa parte di questa corrente, credo che le due cose si sposino bene insieme anche perché affermo con certezza che siano due forme d’arte distinte ma che viaggiano parallele. L’uso dei colori è fondamentale per me, un piatto che non ha colori mi dà l’impressione di qualcosa di spento dove non c’è amore. Odio gli impiattamenti statici o stravisti, vedo la mia cucina molto diversa a partire da questo, per finire alla forma e all’idea che voglio andare a rappresentare. Insomma credo che noi chef potremmo essere come dei pittori oppure degli scrittori, regalando in un piatto non solo buon cibo, ma anche idee, immaginazione e allo stesso tempo arte. Questa è la strada che percorro ma alla fine è una mia teoria che ho ormai abbracciato da anni”.
Piatti dai titoli bizzarri e poco convenzionali, stili artistici che si mescolano: c’è del Surrealismo alla Dalì, l’Astrattismo alla Kandinsky, l’Informale alla Pollock, i cartoons, il fantasy, il Pointillisme di Seurat, le sfumature di colore degli Impressionisti, le geometrie di Mondrian e l’introduzione di elementi tratti dalla quotidianità, in questo caso frammenti di cibi tipici dei collage cubisti. Adesso provate anche voi a soffermarvi su ogni dettaglio, a ragionare su ogni singolo colore e abbinamento. Importante da sapere: Stefano non usa coloranti ma ottiene il colore che gli serve direttamente dagli alimenti, dai tè o dai fiori.