Da Barbacià “A pizz a sann’ fà”. Angelo Squillante a Sarno ha il culto della territorialità dei prodotti, per una ristorazione di qualità

Giovedì 29 marzo un nuovo gastrotour è andato a buon fine, proprio durante la Settimana Santa in concomitanza con la Pasqua. Sarno oltre ad essere un comune al confine col nolano molto interessante dal punto di vista storico ed archeologico, lo è anche per le sue tradizioni antropologiche, collegate alla religione cattolica. La visita ai Sepolcri è un rituale che si ripete ogni anno il giovedì Santo, è il cosiddetto “struscio” che rappresenta il prologo del dramma della Passione di Cristo che culmina la mattina del venerdì Santo con la processione dei Paputi. In questa occasione nelle chiese della città, nelle piazze e nelle vie i sepolcri fanno sfoggio di sé e le persone vi sostano a ricordo di un tempo in cui l’uomo guardava negli occhi il Mistero senza arroganza,  con dolore e stupore alla Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Dopo aver esplorato il centro storico ed ammirato i sepolcri con il collega scrittore e giornalista Alfonso Sarno, chi scrive si è recata in Piazza Marconi, presso il Vicolo Sgargianti, per fare visita ad Angelo Squillante, titolare della Pizzeria-Ristorante Barbacià. Ma chi lo dice che per mangiare un’ottima pizza bisogna andare a Napoli o Caserta? Sono già diversi anni ormai che Salerno e la sua provincia si sta distinguendo per la qualità delle pizzerie e la bravura dei pizzaioli, vincitori di importanti riconoscimenti e premi di settore, maestri esperti della lievitazione e conoscitori della materia prima, quella buona ovviamente. Sarno ultimamente è diventata un’ottima meta per gli appassionati di enogastronomia, che vogliono trovare un giusto compromesso tra qualità e prezzo. Angelo gestisce il locale da quattro anni e ad aiutarlo nell’ardua avventura c’è il suo pilastro portante nonché compagna di vita , Rosa Pastore, una valida squadra in cucina e al forno il giovane pizzaiolo Salvatore Perillo.

 

Angelo ha spiegato che Barbacià  è il soprannome della sua famiglia (forse in dialetto significa “barbagianni”), e che il locale è stato da lui stesso abbellito con dipinti parietali e quadri che raffigurano scorci e paesaggi sarnesi: un tentativo ben riuscito per ancorare l’osteria al territorio.

La location è una tipica architettura a volte con pietre a vista e travi in legno della fine dell’Ottocento, un tempo deposito e ricovero per i cavalli e successivamente anche clinica, ad ogni modo una storia interessante. In previsione del digiuno penitenziale del Venerdì Santo e quindi incoraggiata dalla cordialità del personale di sala, sono stata invogliata ad assaggiare le specialità più richieste dai clienti: i fritti e la pizza. C’è da dire che Barbacià è anche cucina tipica, infatti pochi piatti vengono proposti a seconda della stagionalità e della reperibilità dei prodotti come: braciole di capra al ragù, polpette di manzo, insalata di stoccafisso o baccalà, baccalà fritto con scarole, iammarielli (gamberetti di fiume), taglieri di formaggi e salumi a presidio Slow Food, antiche preparazioni a base di verdure, zuppa di cozze e primi piatti campani a base di San Marzano DOP.

I fritti che sono stati serviti (montanarina, pollo cacio e pepe, frittatina di pastiera di maccheroni, zeppole al rosmarino, crocchè di patate) hanno stuzzicato l’appetito e hanno ben predisposto lo stomaco a ricevere la succulenza delle pizze, leggere, ben eseguite, rispettose della tradizione ma farcite con un pizzico d’innovazione che non guasta mai.

In un momento storico in cui la pizza si pone come pietanza meno “nazional-popolare” ma più adatta ad un’alta ristorazione, in cui si sperimenta sulle tecniche di cottura e sui condimenti sino all’esagerazione, trasformandola addirittura in una fresella biscottata e spacciandola per “margherita gourmet” da chef famosi, da Barbacià il disco più famoso al mondo ha stupito per semplicità e bontà dei prodotti, che vengono selezionati uno per uno da Angelo, in una ricerca maniacale finalizzata ad ottenere il risultato perfetto. L’impasto ha 48 ore di lievitazione diretta controllata, la farina è di tipo 0, l’idratazione al 66%, il risultato spettacolare. La pizza è risultata digeribile, dal cornicione abbastanza pronunciato e ben alveolato, a testimonianza di una sopraffina lievi-maturazione. Le pizze degustate sono state una margherita classica ed una con crema di broccoli baresi, pomodorini infornati, lardo di San Rufo, fiordilatte, olio DOP colline salernitane e scaglie di parmigiano.

Proprio questa sensazione di benessere corporeo ha lasciato ulteriore spazio per un dessert, davvero particolare, opera del maestro pasticciere Giuseppe Palumbo dell’omonima pasticceria a Roccapiemonte. Giuseppe assieme alla moglie, si è specializzato da tempo nella realizzazione di dolci a base di confetture ottenute dai pomodori campani; il suo cavallo di battaglia, che lo ha fatto conoscere ed apprezzare dagli esperti di settore, è stata la “Zizzinella” con pomodoro San Marzano, Fiano, nocciole di Giffoni e ricotta di bufala, un piccole bignè soffice e croccante al tempo stesso, unico nel genere. Si è optato in un cambio di rotta per il Lucariello con confettura di pomodorino giallo della linea Gustarosso e delicata crema di ricotta, che ha letteralmente soddisfatto il palato e piacevolmente saziato.

Da Barbacià c’è anche un’accurata selezione di vini, con predominanza rossi, del Sud Italia, birre artigianali, liquori e distillati. Insomma adesso avete una scusa in più per fare una passeggiata a Sarno e un nuovo indirizzo da segnare in agenda. Angelo ricorda che i sognatori sono sempre dei vincenti e chi sogna ad occhi aperti ha una marcia in più e intelligenza da vendere. Prosit!

Annamaria Parlato

Barbacià
Vico Sgargianti (dietro piazza Marconi) – Sarno (SA)

Pagina FB Ristorante Pizzeria Barbacià  cell. 324 849 6142

 

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